Roy Lichtenstein. Sculptor
27 maggio - 24 novembre 2013
L'esposizione, a cura di Germano Celant, consiste di 45 opere tra disegni, collages, maquettes, modelli e sculture in bronzo, datati tra il 1965 e il 1997, che provengono dalla Fondazione Roy Lichtenstein di New York, nonché da musei e collezionisti privati. Tale imponente raccolta viene presentata per la prima volta in Europa per documentare la complessa e vasta produzione scultorea dell'artista.
Seppure il suo interesse per la scultura nasca negli anni quaranta con esperimenti di rilievo su pietra o di stratificazioni in carta, le prime testimonianze capaci di riflettere un linguaggio maturo datano dal 1964, quando la sua pittura arriva a nutrirsi delle immagini tratte dai mass-media, in particolare dal fumetto. Da qui scaturiscono le figurazioni in ceramica che partendo da una fonte bidimensionale, cartacea, si articolano nella tridimensionalità a formare una testa o una pila di tazze o un'esplosione. Sono motivi trasferiti da una fonte iconica popolare, insignificanti e di carattere non estetico, a cui l'artista intende dare un valore artistico, come se fossero costanti di una cultura modernista che va da Brancusi a Calder. E' un percorso che si dipana sino al 1997, data della sua prematura scomparsa, attraverso decine e decine di sculture che vanno dalla figurazione all'astrazione, così da oscillare tra le definizioni plastiche e decorative dell’Art Decò, formato dalla combinazione di brass e vetro, ai profili di teste femminili o di sculture moderniste che riflettono il fare espressionista, neoplastico e surrealista . Costante di tale fare dal 1965 è tuttavia la messa in superficie della scultura, vale a dire un trattamento appiattente del volume che si trasforma in linea e colore compatto, seppur dotato di spessore di un pollice, come se l'insieme dovesse risultare un collage di ritagli da giornale o da rivista. Simile procedere dà corpo, dal 1976 a sculture "di profilo" dove la profondità e le ombre dell'oggetto trattato, una lampada, uno specchio o una caffettiera, oppure un volto, una sirena o una casa, sono poste sullo stesso piano, come se fossero schiacciate e compresse su una stessa superficie. Una totale sintonia con i dipinti dove le differenze prospettiche sono annullate a favore di pieni e di vuoti, di trasparenze e di opacità che non lasciano intravedere alcuna profondità, se non la piattezza insignificante del messaggio tratto dal cartoon. Un percorso ricco di ironia e di raffinatezza visuali dove la rappresentazione popolare sfugge alla sua banalità per affermarsi come sublime trattato sull'appiattimento dei mass-media.